venerdì 15 maggio 2015

Gone Girl e le strafighe

  Da qualche giorno è iniziato il festival di Cannes e io ne approfitto per parlare di un film. Non di uno in mostra al festival, come si può ben immaginare dal titolo, ma dell'ultimo di David Fincher: Gone Girl.
So che è uscito da un po' di mesi, ma io ho aperto questo blog solo da poco, perciò...

  Con questo articolo vorrei controbattere a molte critiche che ho letto riguardo alla trama e ai personaggi, perché a me Gone Girl è piaciuto e vorrei mostrare un altro punto di vista, il mio. A fare da sfondo a tutto questo ci sarà una breve, necessaria, recensione.
Sappiate che, inevitabilmente, ci saranno spoiler.
  Prima di iniziare, una piccola premessa: mi riferirò al film con il suo titolo originale, poiché in italiano è stato tradotto con L'amore bugiardo, che trovo assolutamente fuorviante.

  Dopo pochi minuti dall'inizio del film si entra nel dramma di una giovane e bella coppia di sposi stanziata nella remota campagna americana: la moglie (Rosamund Pike), il giorno del loro quinto anniversario, scompare. E non si tratta di una donna qualunque bensì della mitica Amy, protagonista dell'omonima saga letteraria scritta dai suoi genitori, i quali, oltre ad averla idealizzata sulla carta, l'hanno resa l'idolo di intere generazioni di bambine e ragazze americane.
Le ricerche della polizia iniziano subito e tutta l'attenzione ricade sul marito Nick (Ben Affleck), il caso viene dipinto come da manuale con il marito che uccide la propria moglie. 
L'operato della polizia sembra però quasi messo sullo sfondo dai media che entrano con prepotenza nella vita e nel matrimonio di queste due persone. Emanano sentenze morali che pesano più di quelle che potranno essere emanate dalla legge; ma non solo, la loro pressante presenza invade e inquina le ricerche facendole deviare a seconda del parere (influenzato) del pubblico.
  Il film, che appare come un thriller con i suoi misteri svelati nel corso delle scene al fine di risolvere il caso, si rivela essere molto di più, un intricato dedalo di bugie e tradimenti che nasconde la verità, ma non la verità assoluta, la verità di chi sta vivendo il momento. 
  Gone girl è basato sull'omonimo romanzo di Gillian Flynn, la quale si occupa anche della stesura della sceneggiatura e qui, più che mai, si sente la presenza di una mano letterale. 
I tempi del romanzo però sono differenti da quello del film, i tagli che sono stati fatti si fanno risentire sull'intera opera cinematografica che in alcuni punti può risultare difficile da seguire per lo spettatore.
Difficile, o quasi improbabile, può sembrare anche il finale, che di fatto ha lasciato tutti perplessi. L'essenza del film (e anche del romanzo) non è però da ricercare in questi sentieri aperti ma nelle dinamiche che spingono i protagonisti ad agire in un determinato modo e nelle personalità degli stessi che si arricchiscono mano a mano che vengono scoperte, il tutto seguito dall'occhio del Grande Fratello che si intrattiene nel guardare le tragedie da una giusta distanza e che vuole solo determinate caratteristiche dalla società di oggi.

  Attenzione agli spoiler

  Da quel che ho potuto leggere, le critiche sono rivolte maggiormente verso il finale poco realistico, la recitazione pessima di Ben Affleck e la poca verosimiglianza della protagonista, la mitica Amy. Infine, dettaglio non da poco, romanzo e film sono stati visti come misogini e perciò pesantemente criticati.
Riguardo al finale, ho già accennato quello che penso poco prima. In ogni caso, questo discorso verrà ripreso più avanti e analizzato insieme ad altri aspetti.
Per Ben Affleck, le critiche mosse contro lui sono del tutto infondate. Recita con una smorfia monoespressiva perché il suo personaggio lo è. Nick ha difficoltà a esprimere le proprie emozioni ed è alla stregua di un bambolotto di campagna, del bambolotto di Amy. Questa sua personalità lo porta, nell'evolversi della storia, in un turbinio di accuse perché visto come il primo indiziato per la scomparsa della moglie. A lui, Nick, non resta altro che cercare di scagionarsi anche quando tutte le prove - che non sono mai casuali ma ben studiate da Amy - sono contro.
  Gone Girl prosegue nella stessa direzione degli ultimi film di Fincher trattando il tema della dissimulazione e di come la realtà si riveli ben presto diversa da quello che era dato ormai per scontato. Di fronte a questo film, come ad altri del registra, veniamo balzati da un punto di vista all'altro, fino a rimanere immersi nei dubbi che la pellicola stessa ci ha lasciato impressi. Credo che questo fatto sia al centro delle critiche. Per tutti è difficile da accettare la realtà, non sempre c'è una soluzione definitiva a quello che accade e questo ricade anche in una mancata giustizia nei confronti del "colpevole", in questo caso la mitica Amy.
  Nel mondo creato da Flynn Amy, la ragazza con i capelli color burro e gli occhi intelligenti, non è mai esistita, o almeno, lo è solo materialmente. Fin da piccola ha dovuto fare i conti con l'altra, quella mitica, con la quale aveva in comune solo le sembianze fisiche, per poi plasmarsi a seconda delle necessità fino a fossilizzarsi sulla strafiga, quella che piace agli uomini e che piace a Nick.
Nick credeva in questa persona a tal punto da migliorarsi pure lui. Amy no, lei ha sempre riconosciuto la menzogna ma comunque sperava che questo gioco potesse funzionare nel loro matrimonio. Si sbagliava e quando il castello di carte è caduto lei ha iniziato a pensare a una nuova strategia, una nuova Amy, o forse no. Forse si decide a far emergere una volta per tutte la sua vera identità, sociopatica sotto certi aspetti.
"A cosa pensi, Amy?"
Questa domanda potrebbe essere quella fondamentale di tutta l'opera, quella che racchiude tutto e a cui è impossibile rispondere.
Dopo tutto questo, si vuole ancora parlare di misoginia?
Non facciamo le strafighe, quelle che possono mangiare hamburger senza ingrassare o fare critiche mantenendo una certa eleganza.

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