Come Sharon Stone.
O Eva Green, una donna per cui uccidere.
La femme fatale acquista uno spazio sempre più importante nell'arte tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900.
Nella letteratura decadente questa figura è spesso legata all'inetto che, come suggerisce il nome stesso, rappresenta un individuo incapace di vivere a causa della forte timidezza e del senso di inferiorità nei confronti dell'intero mondo. La femme fatale, approfittando di questa condizione e del suo carisma, circuisce l'uomo per i propri desideri.
Perché è questo quello che in sostanza fa la donna fatale; bella e seduttrice, schiavizza l'uomo per denaro o per il raggiungimento di un personale scopo, salvo poi lasciarlo inerme una volta che ha ottenuto ciò che voleva.
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Theda Bara, la prima "vamp" |
Nascono le icone, chiamate anche vamp (da vampira, colei che si nutre del sangue e delle energie degli uomini).
Nel corso dei decenni la femme fatale viene però messa da parte dalle donne di casa e dalle "sparatutto".
Oggi sembra essere persa quasi del tutto la parte manipolatrice e dominatrice del personaggio per lasciare lo spazio al fascino avvolto da un alone di mistero. Come se non si volesse ammettere l'esistenza di un genere femminile cattivo e avido tanto quanto l'uomo.
Ed ecco che si urlano parole come misoginia e anti-femminismo quando vengono costruiti soggetti basati su tali caratteristiche, come nel caso di Amy Dunne - protagonista di Gone Girl - uno dei pochi, e recenti, personaggi femminili ben costruiti, privi di pregiudizi e di stereotipi.
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